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I DISTILLATI

I distillati sono miscele di acqua e alcol ottenute dalla fermentazione di alcune materie prime come cereali, vino, vinacce, canna da zucchero, patate, bacche di ginepro, e vari frutti.

Questi prodotti della natura vengono fatti fermentare per ricavare da essi alcol, che viene poi successivamente distillato, separato a caldo dalla maggior parte dell’acqua e di altre sostanza anche tossiche. Ogni zona geografica in tutto il mondo in base alle materie prime che madre natura offriva ha sviluppato una distillazione, ad esempio nell’America del sud dall’agave si ottiene la Tequila e il Metzcal, in Messico viene distillata la linfa fermentata del cactus, in India vengono fatti fermentare e distillare dei fiori, in Europa settentrionale il clima favorevole per coltivare il luppolo e cereali ha fatto sì che questi prodotti fossero più privilegiati di altri.

Dalla distillazione delle mele si ottiene il Calvados prodotto in Normandia e Francia.

Dalla distillazione delle prugne si ottiene il Sliwovitz prodotto in Serbia.

Dalla distillazione delle ciliegie si ottiene il Kirsh prodotto in Svizzera, e nord Europa.

Dalla distillazione delle patate si ottiene la Vodka prodotta in Polonia.

L’arte della distillazione passò grazie ai Celti sulle coste occidentali della Scozia.

Ogni distillato ha in se il soul.

Ogni whisky assimila le caratteristiche del proprio paese di origine, del popolo, dell’energia della natura del posto.

Anche il Whisky ha un temperamento come le persone; un carattere forte e spigoloso come le scogliere, forte come il popolo scozzese dei grandi lavoratori, con retrogusto di torba che avvolge un sentimento di mistero ed eroismo.

Lo scotch Whisky scozzese viene prodotto da orzo in una sola distilleria questo è il padre di tutti i Whisky, è il generatore di questa forza viva racchiusa nel clima, nell’acqua, nel vento, nell’orzo scozzese, nella forza eterica e magica di questo luogo.

Cosa rende il whisky unico ?

Ci sono tante cose ma sicuramente il cereale e l’acqua sono due elementi della natura che rendono unico questo distillato.

L’orzo è un digestivo, tonico nervino, drenante epatico, indicato nei casi di demineralizzazione, atonia, ne abbiamo parlato anche dell’articolo precedente sull’alimentazione naturopatica.

L’orzo scozzese ha una marcia in più.

Il clima scozzese è un agente selettivo naturale.

Il freddo pungente ostacola molti parassiti della pianta permettendo di non impiegare sostanze chimiche antiparassitarie.

Anche il bioritmo influisce sul prodotto, esempio le ore di luce e di frequenza eterica che colpiscono il cereale sono diverse per la lunghezza del giorno, e questo concentra in miglior modo il sapore.

L’orzo scozzese ha maggior quantità di amido che è un composto chimico basilare per la fermentazione, quindi più amido più resa di alcol.

Le proteine sono 1,5 %, elevata energia germinativa, completo grado di germinare, maggiore grado di maturazione.

Le varietà di orzo adatte per fare whisky sono: la Bold John Barleycorn, la Chariot, la Derkado, la Hlcyon, la Delibes, la Optic, la Melanie.

Ricordiamo come spiegato nell’articolo sull’alimentazione naturopatica che i cereali e in particolare queste varietà di orzo fanno parte degli alimenti chiamati superiori con una vibrazione sopra i 6500 A, quindi ricchi di forza viva e prana.

Quando scrissi l’articolo sui distillati nel 2019 dopo aver frequentato il corso di assaggiatrice di whisky presso il Whisky Club e il Whisky Italy, molti rimasero stupiti di un mio interessamento a questo argomento. In realtà sono sempre stata appassionata del mondo del vino, dopo il corso come assaggiatrice di whisky ho frequentato anche dei corsi presso la Scuola Italiana Sommelier diventando per ora Sommelier Senior…..

IL VINO

Il termine “vino” ha origine dal verbo sanscrito vena (“amare”), da cui deriva anche il nome latino Venus della dea Venere. È comunque accertato che la produzione su larga scala di vino è iniziata poco dopo il 3000 a.C., quindi circa 5000 anni fa. I primi documenti riguardanti la coltivazione della vite risalgono al 1700 a.C., ma è solo con la civiltà egizia che si ha lo sviluppo delle coltivazioni e di conseguenza la produzione del vino.

La Bibbia (Genesi 9,20- 27) attribuisce la scoperta del processo di lavorazione del vino a Noè: successivamente al Diluvio Universale, avrebbe piantato una vigna dal cui frutto fece del vino. L’impero romano dà un ulteriore impulso alla produzione del vino, che passa dall’essere un prodotto elitario a divenire una bevanda di uso quotidiano.

In questo periodo le colture della vite si diffondono su gran parte del territorio e con l’aumentare della produzione crescono anche i consumi. Ad ogni modo il vino prodotto a quei tempi era molto differente dalla bevanda che conosciamo oggi.

A causa delle tecniche di conservazione (soprattutto la bollitura), il vino risultava essere una sostanza sciropposa, molto dolce e molto alcolica. Era quindi necessario allungarlo con acqua e aggiungere miele e spezie per ottenere un sapore più gradevole. Con il crollo dell’Impero Romano la viticoltura entra in una crisi dalla quale uscirà solo nel Medioevo, grazie soprattutto all’impulso dato dai monaci benedettini e cistercensi.

Proprio nel corso del Medioevo nasceranno tutte quelle tecniche di coltivazione e produzione che arriveranno praticamente immutate fino al XVIII secolo, quando ormai la produzione ha carattere “moderno”. Ciò grazie alla stabilizzazione della qualità e del gusto dei vini, nonché all’introduzione delle bottiglie di vetro e dei tappi di sughero.

Nel XIX secolo l’oidio e la fillossera, malattie della vite provenienti dall’America, distruggono enormi quantità di vigneti. I coltivatori sono costretti a innestare i vitigni sopravvissuti sopra viti di origine americana (Vitis labrusca), resistenti a questi parassiti, e ad utilizzare regolarmente prodotti fitosanitari come lo zolfo.

Nel Novecento invece si ha, inizialmente da parte della Francia, l’introduzione di normative che vanno a regolamentare la produzione (origine controllata, definizione dei territori di produzione, ecc.) che porteranno a un incremento qualitativo nella produzione del vino a scapito della quantità.

Il vino non deve essere consumato in dosi eccessive perché l’alcool agevola la formazione di cancro soprattutto a colon, retto, seno, cavità orale e stomaco. L’alcool non deve superare il 5% dell’energia totale per gli uomini, ad esempio 2 birre da 250 ml o 200 ml di vino in un giorno. Nelle donne la quantità assumibile si aggira intorno al 2,5%.

Consumato in dosi giuste è un antitumorale, in dosi eccessive promuove il tumore. D’altro canto, il consumo limitato di vino (due bicchieri al giorno), sembra avere effetti positivi sulla salute: riduce il colesterolo LDL e aumenta l’HDL (quello “buono”), inibisce l’aggregazione piastrinica (effetti attribuiti all’alcool); inoltre è una fonte di polifenoli, in particolare il resveratrolo, sostanza anticancerogena ed aiuta a mantenere libere le arterie. Ecco perché il vino viene considerato un antitumorale delizioso, ovviamente con un consumo moderato.

I vini possono essere classificati sia in funzione del vitigno (varietà di vite utilizzata per la produzione) che in funzione della zona di produzione.

I vitigni più famosi e diffusi nel mondo (i cosiddetti “Vitigni internazionali” o “Alloctoni”) sono fra i rossi il Cabernet-Sauvignon, il Cabernet Franc, il Merlot, il Pinot Noir, lo Zinfandil e il Syrah; tra i bianchi il Sauvignon, lo Chardonnay, il Muscat ed il Riesling.

Le zone di produzione più famose nel mondo sono, oltre alle diverse regioni dell’Italia, il Libano, la provincia di Bordeaux, la Borgogna, la Champagne e l’Alsazia in Francia, La Rioja e Toro in Spagna e la Napa Valley in California.

Ci sono delle norme importanti per la salute da rispettare quando a tavola beviamo questo nettare degli dei:

  1. il vino giovane non si mescola con l’acqua
  2. il ghiaccio può avere degli effetti collaterali per il sistema nervoso, per i reni, per i denti e la vescica
  3. è meglio bere prima i vini deboli poi quelli gagliardi
  4. più il vino è gagliardo più il cibo deve essere forte
  5. non superare i 5-6 g per kg di peso corporeo
  6. se associato ai temperamenti il vino avrà un migliore effetto salutare.

Dagli studi che ho condotto sui biotipi il temperamento bilioso è associabile con un vino rosso e rosato sui 13°, il temperamento linfatico può bere un vino gagliardo anche sui 14° e meglio rosso, il temperamento nervoso può bere un vino sui 12° e meglio rosato. Il temperamento sanguigno è quello più avvantaggiato perché può bere tutti i tipi di vino.


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